La carenza di vitamina D in età pediatrica: un problema che viene da lontano ma che riemerge

Diego Peroni

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, sezione di Pediatria, Università di Pisa; Direttore U.O. di Pediatria, AOUP, Pisa

DOI 10.30455/2611-2876-2024-4

La carenza di vitamina D in età pediatrica costituisce un problema sanitario con risvolti sociali che possiamo considerare non risolto. Infatti, la vitamina D rappresenta un fattore fondamentale per lo sviluppo del sistema muscolo-scheletrico ed è al centro del processo di crescita del bambino. L’azione classica della vitamina D durante l’età pediatrica è proprio quella di favorire una corretta formazione della massa ossea. La vitamina D viene prodotta per il 90-95% dall’esposizione solare e soltanto per il 5-10% assicurata dall’assunzione con alimenti. Questa situazione diventa critica se l’esposizione solare non viene ad essere garantita nei modi e tempi adeguati; ciò può portare a situazioni rilevanti di difetto dei livelli della vitamina D. A questo proposito, uno studio inglese, valutando i dati di prevalenza del rachitismo da deficit di vitamina D, ha rilevato che i casi di rachitismo segnalati in quel paese sono aumentati particolarmente nell’ultimo decennio. Questo è stato attribuito al fatto che probabilmente è cambiata profondamente la componente etnica della popolazione che vive in Inghilterra. La popolazione con colorito della pelle più scuro è aumentata notevolmente, determinando un rischio maggiore in quel Paese, dove la supplementazione, anche nel primo anno di vita, non è consigliata fortemente. Il fototipo scuro infatti non permette un assorbimento completo mediante l’esposizione solare e necessita di una supplementazione. 

La carenza di vitamina D peraltro è possibile anche in altri Paesi come il nostro dove, anche se l’esposizione al sole è molto più presente, l’aumento del numero di bambini di pelle scura è stato marcato nell’ultimo decennio. Mentre in alcuni paesi del Nord Europa viene applicata una politica di supplementazione negli alimenti della vitamina D (fortificazione degli alimenti) con una diminuzione significativa e diffusa del rischio, nel nostro Paese la mancata supplementazione può aumentare l’incidenza di ipovitaminosi. Anche in Italia e negli altri paesi dell’area mediterranea quindi, questo può costituire un fattore di rischio importante e socialmente rilevante per ipovitaminosi D. A tal proposito diverse società scientifiche hanno stabilito i dosaggi raccomandati ed i tempi di somministrazione della vitamina D per un accrescimento osseo adeguato. Questo vale anche nel corso del primo anno di vita quando la somministrazione è fortemente consigliata ma che in alcune situazioni può trovare una compliance alla somministrazione non adeguata con un aumento sensibile del rischio. Tale rischio si può concretizzare anche in altre fasi della vita pediatrica.

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