Editoriale

Maurizio Rossini

Dipartimento di Medicina, Sezione di Reumatologia, Università di Verona

In questo numero spaziamo dalla demenza all’inquinamento. Lo possiamo fare in tema di vitamina D perché vi sono recenti evidenze anche qui di un possibile ruolo.

Gli esperti Autori a cui abbiamo affidato l’approfondimento sul possibile rapporto tra carenza di vitamina D e demenza ci fanno notare come da studi in ambito di fisiopatologia neurologica vi siano indicazioni che la vitamina D possa esercitare numerose azioni a livello del sistema nervoso centrale e periferico, sintetizzabili in quattro effetti principali: supporto neurotrofico, neurotrasmissione, neuroprotezione, e neuroplasticità. Inoltre i dati epidemiologici disponibili sulla relazione tra stato vitaminico D e malattie neurologiche degenerative, come la demenza, sembrano supportare le evidenze descritte nei modelli animali perché generalmente descrivono una relazione inversa, tra l’altro di tipo “dose-risposta”, tra i livelli sierici di 25(OH)D e il rischio di demenza. Tuttavia gli Autori ammettono che attualmente non esistono evidenze solide a supporto di un effetto preventivo o comunque positivo della supplementazione con vitamina D in questo campo, anche se non si può escludere considerate le importanti e svariate limitazioni degli studi sino a ora condotti. Concludono tuttavia saggiamente che trattandosi di soggetti generalmente anziani, dovrebbero trovare comunque giustificazione alla supplementazione considerati i riconosciuti benefici scheletrici, decisamente superiori ai costi e ai rischi di effetti indesiderati, ed, aggiungo io, la nota incapacità di produrre in età senile la fisiologica dose giornaliera di vitamina D.

Gli Autori del secondo articolo ci forniscono invece un originale contributo, anche sulla base di loro recenti studi, sulla possibile correlazione tra inquinamento e alterazioni del metabolismo della vitamina D. Hanno infatti osservato in particolare che le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), utilizzate principalmente per rendere resistenti ai grassi e all’acqua diversi tipi di materiali come tessuti, tappeti, rivestimenti, ecc. e causa di un diffuso e preoccupante inquinamento alimentare, specie in alcune aree del Veneto, possano interferire, per la loro similarità con gli ormoni steroidei, con i recettori per la vitamina D. Ne deriverebbe una ridotta risposta delle cellule scheletriche alla vitamina D, che si manifesterebbe con minor mineralizzazione ossea e con una risposta alterata dei geni sensibili alla vitamina D. Clinicamente lo testimonierebbe la maggior prevalenza di osteoporosi nelle popolazioni esposte a PFAS e il riscontro di livelli sierici mediamente superiori di paratormone, espressione di ipovitaminosi D funzionale. Capite anche perché, al contrario, una carenza subclinica e diffusa di vitamina D, che caratterizza la nostra popolazione, potrebbe rappresentare un fattore di suscettibilità agli effetti negativi sulla salute dell’esposizione a PFAS. Questi temi sono stati oggetto di una recente Commissione del Consiglio Superiore di Sanità, cui ho avuto il piacere di partecipare, che ha prodotto un documento di specifiche raccomandazioni che dovrebbe essere tra poco pubblicato nel sito del Ministero della Salute. Tra queste il consiglio di promuovere nelle popolazioni esposte all’inquinamento da PFAS il dosaggio dei livelli circolanti di 25(OH)D, dei suoi principali metaboliti e di biomarker della loro funzionalità nel metabolismo fosfo-calcico e osseo, uno screening densitometrico e la valutazione dell’incidenza di fratture da fragilità e di malattie extrascheletriche potenzialmente anch’esse correlate con il deficit assoluto o funzionale di vitamina D  (in particolare cardiovascolari e immunologiche, la cui prevalenza pare effettivamente aumentata in soggetti esposti a PFAS) e l’eventuale realizzazione di studi che prevedano la supplementazione con vitamina D.

Il problema dell’inquinamento come sapete è di grande attualità e di preoccupazione per le future generazioni. La nostra Scuola ha recentemente osservato una correlazione tra inquinamento atmosferico (il particolare il particolato) e la prevalenza di osteoporosi 1 o la riattivazione di malattia 2 e una minor risposta ai trattamenti in pazienti affetti da artrite reumatoide 3. Che il deficit assoluto o funzionale di vitamina D abbia un ruolo anche nel giustificare queste correlazioni?

Buon Natale e Buon Anno.

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