La crescente consapevolezza del ruolo svolto dalla vitamina D nella patogenesi di alcune malattie muscolo-scheletriche ed extra-scheletriche, e le sostanziali evidenze epidemiologiche relative all’elevata prevalenza di ipovitaminosi D nella popolazione generale adulta e anziana hanno determinato negli ultimi 20-30 anni un crescente dibattito relativo alle strategie più appropriate per la prevenzione e il trattamento della carenza di vitamina D.
Numerosi lavori scientifici hanno investigato l’uso del colecalciferolo e dei metaboliti della vitamina D (in particolare, il calcifediolo) nella prevenzione e nel trattamento degli stati carenziali. Sicuramente questa grande quantità di studi randomizzati e controllati (RCT) ha determinato un significativo miglioramento delle nostre conoscenze sull’argomento, mettendo in luce aspetti clinici di grande rilievo 1,3,5,6. Tuttavia, la quantità, la qualità (non sempre elevata) e l’eterogeneità degli studi pubblicati hanno determinato anche una certa confusione sull’argomento.
L’obiettivo della nostra revisione narrativa è quello di descrivere le principali caratteristiche dei metaboliti della vitamina D e definirne il ruolo nella pratica clinica quotidiana, allo scopo di supportare i medici nella scelta delle strategie più appropriate da adottare nel paziente con carenza di vitamina D accertata o a rischio di ipovitaminosi D.